Con delibera di Giunta n. 289 del 20 febbraio 2015 è stato attivato il beneficio per l'anno 2014.
Le domande potranno essere presentate dai titolari di Carta famiglia al Comune di residenza entro il 22 maggio 2015 (scadenza prorogata con delibera di Giunta n. 749 del 24 aprile 2015) calcolando il totale delle bollette emesse nell'anno 2014.
Le carte in corso di validità restano tali fino alla scadenza in esse indicata e quindi il titolare può accedere al beneficio energia elettrica 2014 senza dover presentare un nuovo Isee. Chi, invece, deve rinnovare la carta può farlo soltanto con un Isee emesso nel 2015.
vai alla modulistica
http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/famiglia-casa/politiche-famiglia/FOGLIA1/
mercoledì 13 maggio 2015
mercoledì 6 maggio 2015
Conciliazione lavoro e famiglia: avanti a piccoli passi
Uno dei decreti attuativi del Jobs act contiene varie misure per la tutela della maternità e per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro. Ma il vero banco di prova per capire quanto il governo intenda investire sul lavoro delle donne saranno i decreti sugli incentivi fiscali.
COME CAMBIA
IL CONGEDO PARENTALE
Come promesso da una delle deleghe del
Jobs act, il governo ha emanato il 20 febbraio un decreto legislativo che
contiene misure per la tutela della maternità e per la conciliazione delle
esigenze di cura, di vita e di lavoro.
Il primo obiettivo riguarda l’estensione
della possibilità di utilizzo del congedo parentale fino ai 12 anni del bambino
dagli 8 attuali e di quello parzialmente retribuito dagli attuali 3 anni ai 6
anni.
Una maggiore flessibilità nell’utilizzo
del congedo parentale, comunque a parità della sua durata complessiva, può
consentire alle famiglie di scegliere i tempi per loro migliori da dedicare
alla cura e al lavoro. Consente alle madri – ricordiamo che sono le donne a
usufruire nella maggioranza dei casi del congedo parentale, spesso anche per
convenienza economica – di non concentrare nei primi anni di vita del bambino
il periodo di congedo, senza il rischio di perdere questo diritto.
La possibilità poi di usufruire del
congedo su base oraria e non solo su base giornaliera va nella direzione di
rendere l’organizzazione dei tempi di lavoro una scelta della famiglia. Una
delle ragioni di non ritorno delle donne dal congedo di maternità sta nella
difficoltà di articolare i tempi di lavoro in modo da renderli più adeguati
alle nuove esigenze familiari.
Se la flessibilità di utilizzo del
congedo in un arco più lungo del ciclo di vita è importante, la reale necessità
di tempo per la famiglia è molto più pressante nei primi anni di vita dei
figli, specie in mancanza di una struttura efficiente e accessibile di servizi
per l’infanzia. Le strada da percorrere per una riduzione del costo dei figli
sulla carriera lavorativa delle mamme prevede, da un lato, una maggiore condivisione
delle responsabilità con i padri, sul modello dei paesi scandinavi ma anche
della Spagna (per ora in Italia rimane un solo giorno obbligatorio di congedo
di paternità); e, dall’ altro, maggiori investimenti nell’offerta di nidi.
Una delle
proposte della “Buona scuola” è quella di costituire un sistema integrato di
educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni, annullando la
separazione tra asili nido e scuole di infanzia e ponendo entrambi sotto la
responsabilità unica del ministero dell’Istruzione. Oggi i nidi sono gestiti
prevalente dalle amministrazioni comunali (nonostante la legge sul federalismo
fiscale), che hanno subito fortissimi tagli con
risposte molto eterogenee da comune a comune . Anche se non avrà un percorso
facile né breve dati gli alti costi di attuazione (in un momento in cui si
chiedono riforme a costo zero o quasi), la proposta va nella direzione di
adempiere ai target europei e rendere più efficiente e potenzialmente più equo
il sistema scolastico, promuovendo fino dalla primissima età quell’uguaglianza
di opportunità che la letteratura ha dimostrato essere cruciale per mettere a
pieno frutto il capitale umano di un paese.
TUTELE PER I
LAVORATORI AUTONOMI
Il secondo
punto importante del decreto è quello di estendere le tutele ai lavoratori
autonomi, equiparandoli ai lavoratori dipendenti, e di attribuire ai lavoratori
e alle lavoratrici iscritte alla gestione separata il diritto alla indennità di
maternità anche quando il datore di lavoro non abbia versato i contributi: la
tutela della maternità (o della paternità) rimane comunque fermamente ancorata
al rapporto di lavoro e le indennità sono corrisposte alle madri (o ai padri)
in quanto lavoratori con figli, e non in quanto genitori, in un’ottica lontana
dal welfare universalistico.
IL TELELAVORO
Il terzo
punto riguarda i benefici per le imprese che ricorrono al telelavoro per
esigenze di cure parentali da parte dei lavoratori. Questi incentivi sono importanti
per molte ragioni. Un’organizzazione del lavoro troppo rigida comporta infatti
una penalizzazione delle carriere delle donne che si vedono costrette a uscire
dal mercato o a scegliere lavori meno qualificati o precari, pur di avere gradi
di flessibilità che permettano la cura dei figli o degli anziani in famiglia.
Ricordiamo che in Italia una madre su quattro a distanza di due anni dalla
nascita del figlio non ha più un lavoro, un dato stabile nel tempo. Claudia
Goldin in un recente contributo sottolinea come siano proprio la struttura del
mercato del lavoro e la tendenza in molte professioni, specialmente quelle più
remunerative, di continuare a premiare le lunghe ore in ufficio ad alimentare e
mantenere forti i divari salariali di genere.
CONGEDO PER
LE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE
Infine, il
decreto introduce per la prima volta una norma che riguarda il congedo per le
donne vittime di violenza di genere e inserite in percorsi di protezione. Il
decreto prevede la possibilità di astenersi dal lavoro, per un massimo di tre
mesi, per motivi legati a tali percorsi, garantendo l’intera retribuzione, le
ferie e il diritto di trasformare, se richiesto dalla lavoratrice, il rapporto
di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Queste possibilità riconoscono come
la violenza di genere produca non solo danni psicologici e fisici, ma come
abbia anche un potenziale impatto negativo sull’esperienza di lavoro e sui
guadagni delle vittime.
ASPETTANDO I
PROSSIMI DECRETI
Non tutti i punti toccati dalla delega
si ritrovano in questo decreto, in particolare non vi sono compresi il credito
d’imposta per le lavoratrici con figli minori e le modalità di integrazione
dell’offerta di servizi per le cure parentali. I decreti che disciplineranno
gli incentivi fiscali al lavoro femminile – il cosiddetto tax credit – e che definiranno l’integrazione
dell’offerta di servizi per le cure parentali saranno il vero banco di prova
per comprendere quanto il governo intenda investire sul lavoro delle donne e
quanto le infrastrutture sociali siano considerate uno strumento prioritario
per favorire la conciliazione dei tempi del lavoro e della famiglia.
Non è solo
una questione di cura dei più piccoli: in uno dei paesi più vecchi al mondo,
secondo in Europa solo alla Germania, la cura degli anziani è una sfida alle
possibilità di conciliazione e al welfare altrettanto seria quanto quella della
cura dei bambini. È (anche) su questo terreno che si gioca la partita del
lavoro delle donne. Partita in cui il governo Renzi deve (ancora) dichiarare
quante risorse vuole puntare. I risparmi della spending review, se applicata,
sarebbero ben utilizzati in questo ambito.
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